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Il Coro Gei

“Fischia il vento, urla la bufera, scarpe rotte eppur ci tocca andar… “. Agosto 1945: è domenica. Un gruppo di Giovani Esploratori della neoricostituita sezione C.N.G.E.I. di Rovereto, scende in fila indiana la strada che dal campo “Papà Akela” porta a Serrada, per andare a Messa. Ritmano il passo cantando la canzone dei Partigiani. E’ un motivo che ben si presta ad essere cantato in coro. E già qualcuno tenta (a “seconda voce”. Salta fuori anche un “falsetto”. C’è naturalmente anche chi stona, ma viene invitato a tacere. Non mancano ritmo ed armonia. E’ nato il “Coro GEI”.

Sono solo sei ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 14 anni, ma quando cantano sembrano il doppio perché coi canto esprimono la loro gioia di stare insieme, l’orgoglio di essere Scout e l’amore che li accomuna per la montagna. Si chiamano Aquila Bianca, Pantera Nera, Lira Alpestre, Leopardo Loquace, Coda Screziata e Zanna Bianca, al secolo rispettivamente: Luciano Casa, Rolando Donà, Oliviero Deflorian, Sergio Malossini, Luciano Libardi e Fabio Tecilla. Dopo qualche mese il coro sarà (si fa per dire) potenziato con l’ingaggio di Occhio di Falcoi alias Emiiio Motta. Loro, i “bocia”, hanno un insostituibile punto di riferimento nei “veci” dei Coro Croz, nei cui confronti nutrono una grande ammirazione e dai quali apprendono, rubandoli ed adattandoli alle proprie caratteristiche vocali, i ritmi e gli accordi.

Va l’alpin, La fontanella, Sul Monte Bianco, Vai più un bicchiere di Dalmato, i gobetti, sono le canzoni che costituiscono il primo repertorio che i nostri cantori in brache corte e camiciotto verde eseguono per se stessi, per i compagni scout e per quanti vogliono ascoltarli nei frequenti “concerti” serali sotto le arcate della Cassa di Risparmio, vero e proprio palcoscenico cittadino disturbato allora solo dal fruscio della fontana della piazza.

E arrivano anche i nostri primi veri concerti, con la trasferta in camion attrezzati con panchine e telone, assieme (quale onore!) al maestri dei Coro Croz. Ad Avio ed a Riva dei Garda dove, alla Spiaggia degli Ulivi, (siamo nella primavera dei 1946), ci sono ancora i soldati americani, prodighi con noi di cioccolato e (ahimè!) anche di vermouth.

Maggio 1946: Concerto al teatro dell’Oratorio Rosmini pieno, come si usa dire, in ogni ordine di posti. Ci sono sicuramente tutti quelli che ci avevano ascoltati gratis nei concerti estemporanei di piazza Rosmini, il concerto più bello e riuscito di quel periodo (e che personalmente ricordo sempre con una punta di commozione) è però quello che abbiamo fatto a Scottini di Terragnolo. Era il pomeriggio di un sabato dell’inverno’45-’46 e con il reparto arrancavamo, zaino e sci in spalla, sul sentiero detto appunto “dei Scottini”, per recarci a Serrada a sciare. Allora la pratica dello sci comprendeva anche la marcia di trasferimento dalla città. Scendeva una pioggia gelida ed uggiosa ed il pensiero di una domenica a sciare in quelle condizioni non era certo incoraggiante. Ad un tratto uno strano chiarore e, fatti pochi passi, eccoci all’improvviso con la testa letteralmente fuori dalle nuvole. Sotto un cielo sereno all’inverosimile, si stendeva un mare di nuvole livellate dalle quali qua e là emergevano, piene di sole, le cime delle montagne a noi tanto care. Era la prima volta che ci accadeva di vivere una esperienza così incredibile ed esaltante ed allora, all’improvviso, l’intima gioia che era dentro di noi proruppe spontanea nel canto più bello che, credo, abbiamo mai fatto,

Ma ciò che trasformerà un gruppetto di amici che si trova anche per cantare, in un vero (anche se piccolo) coro, sarà la decisione di Silvio Deflorian, scout della vecchia guardia e valentissimo musicista, di prendersi cura di noi, il Maestro riuscirà a trasfonderci una parte della sua grande sensibilità musicale con una pazienza che, considerata l’indole a dir poco vivace degli allievi, ha dell’inverosimile.

Siamo nella primavera del 1947 ed al rientro dallo Jamboree nazionale di Cernobbio, durante il quale il Coro si è esibito in un concerto trasmesso dalla RAI di Milano, il “falsetto” dei coro improvvisamente cambia voce, scende di un’ottava abbondante e canta da “basso”. Nonostante questo, ed altri analoghi incidenti di percorso dovuti alla particolare età dei coristi, il Maestro riesce a far emergere qualità prima insospettate mantenendo peraltro inalterato il carattere di disinvolta spensieratezza che aveva reso simpaticamente il Coro. li repertorio si raffina e si amplia includendo anche alcune belle canzoni scout, fra le quali l’Ave Maria degli scout, scritta appositamente dal Maestro Deflorian.

li lungo e paziente lavoro di preparazione sfocia in settembre nella trasferta alla RAI di Bolzano con un’incisione di una decina tra le nostre più belle canzoni. Ricordo che il giorno successivo, dopo la notte passata in un fienile vicino al lago di Carezza, il Maestro Silvio Deflorian ci guidò nella splendida traversata dei gruppo dei Latemar con una marcia di oltre 12 ore

Seguono, in novembre, il concerto al Teatro Zandonai ed, in dicembre, quello al Teatro Rosmini. li piccolo coro era ormai diventato il beniamino dei roveretani che amavano vedere ed ascoltare quei sette ragazzi in camiciotto verde che cantavano senza bisogno di direttore, marcando il ritmo con cenni dei capo che le larghe tese dei cappello scout rendevano più evidenti.

Il 1948 è un anno ricco di attività per il nostro coro che si esibisce in numerosi concerti: a Predazzo, Moena, Bressanone, Arco, Madonna di Campiglio, Riva dei Garda. In agosto partecipa a Rovereto al Concorso Corale con un ottimo piazzamento; nell’autunno successivo riporta la qualifica di “fuori classe” al Concorso Regionale per Cori Alpini, svoltosi a Merano. E’ l’anno della partecipazione della Sezione roveretana al 1 0 Campo Nazionale GEI di Salice d’Ulzio dove il coro si esibisce con alcune canzoni che vengono incise e trasmesse dalla RAI di Torino. L anche l’anno in cui il coro riceve da Mario Rigatti, Medaglia d’Oro al Valore Militare e vecchio scout, l’invito a trascorrere una indimenticabile settimana bianca a S. Martino di Castrozza, ospite dell’Aeronautica Militare che vi aveva organizzato un meeting sciistico nazionale. Ricordo che un pò per dovere di ospitalità e… molto (credo) per tentare di frenare la nostra esuberante e famelica irrequietezza i coristi, a tavola, erano regolarmente serviti prima dei Generali.

Sotto la sapiente e paziente guida dei Maestro Defiorian, il coro migliora costantemente ed inserisce nel proprio repertorio una serie di canzoni di non facile esecuzione ma di sicuro effetto.

L’attività dei coro nel ’49 può essere sintetizzata nell’esecuzione dei due concerti di Rovereto e di Vicenza e nella memorabile partecipazione al Concorso Regionale di Merano con il conseguimento del primo premio, con grandi manifestazioni di simpatia da parte dei numeroso pubblico.

E’ però il 1950 che può essere considerato l’anno d’oro dei coro GEI perché, dopo la partecipazione al concorso corale di aprile ai Teatro Zandonai in cui consegue la “segnalazione speciale” della giuria e l’entusiastico consenso dei pubblico e dopo un intenso periodo di preparazione con la messa a punto di nuove canzoni, il coro effettua in ottobre una importante tournee a Bologna al Teatro della Soffitta e a Roma con un applauditissimo concerto e serata di gala a Palazzo Barberini e con l’incisione, alla Sede RAI, di una serie di canzoni scout e della montagna, successivamente trasmesse in più occasioni sulla rete nazionale. A conclusione della tournee le stesse canzoni vengono presentate ai roveretani in un riuscitissimo concerto alla Sala della Filarmonica. Sempre nello stesso anno, che è l’anno dei campeggio di Moena con le memorabili gite notturne e le suggestive serate al fuoco di bivacco con gli amici scout di Torino, il coro si esibisce a Riva del Garda in occasione della Notte di Fiaba ed a Natale in un concerto per i ricoverati dell’Ospedale cittadino.

Nel marzo dell’anno successivo troviamo il coro impegnato a Trento in un concerto in Piazza Italia, quindi a Trieste dove partecipa in rappresentanza della Sezione al Raduno Scout e radiotrasmette per (a RAI canzoni scout e della montagna.

Il 1951 è anche l’anno dell’esaltante esperienza “cinematografica” del coro che partecipa, da “prima donna” al bellissimo lungometraggio del Gruppo Aeromodellisti Roveretani dal titolo “Voli nel regno di Soreghina” girato, per la regia di Talieno Mantrini, sull’altipiano di Folgaria. In autunno la divertente trasferta a Roma all’istituto Luce per l’incisione della colonna sonora dei film.

Ma ecco che a fine anno a Emilio Motta, Occhio di Falco, arriva una cartolina rosa ed il coro, dopo aver accompagnato alla stazione la recluta con uno scherzoso cerimoniale, rimane di punto in bianco senza “primi”. Mi esprimo al plurale per far capire meglio al nostro lettore cosa significhi per un “coro” di 7 elementi, la mancanza anche di uno solo di essi. E un coro senza “primi”, come si sa, non è un coro e non può cantare.

Poi arrivano altre cartoline rosa ed il Coro GEI non esisterà più se non nel ricordo vivo ed un po’ nostalgico dei suoi componenti e di quanti hanno avuto modo di ascoltare e, forse, di amare quei sette canterini dalle brache corte e dal camiciotto verde da scout.